venerdì 21 giugno 2013

Circumvesuviana - Sacre Reliquie Urbane

I burattini sono come i gatti, hanno nove, dieci, forse duecento vite. Quando ormai li dai per spacciati ti sorprendono, ti dimostrano di essere vivi e capaci di bellezza e splendore. Così capita con “Circumvesuviana-Sante Reliquie Urbane”.
Abili artefici di questo nuovo miracolo sono Gigio Brunello, Gyula Molnar, Luca Ronga e Brina Babini, che portano in scena Balanzone, Pulcinella, Teresina, la Morte e la piccola figlia Bebi -narratrice della vicenda. Burattini della tradizione emiliana e soprattutto delle guarattelle, che mantengono nello spettacolo i loro ruoli e ne assumono di nuovi o meglio mettono in primo piano caratteristiche che erano sempre state presenti ma forse nessuno aveva mai esaltato.
Così la Morte è anche una donna, abbandonata dall'amante (Pulcinella), che cresce da sola la figlia avuta da questo amore, mentre Teresina è consapevole di sé come mai prima, dei limiti impostigli dalla tradizione che l'ha voluta con un bastone al posto dello spazio per la mano dell'animatore e le braccia inerti, impossibilitata a una qualunque azione che non sia ballare. Queste due figure che sembrano rappresentare la visione classica della donna nella società italiana (la puttana e la santa, colei che troppo ha vissuto e colei che -prigioniera della morale- nulla ha visto) sono entrambe vittime del “mezzo uomo” di cui sono innamorate, Pulcinella. E' lui a rappresentare il lato negativo degli uomini: fedifrago, egoista, violento. La piccola Bebi lo teme, lo chiama “testa nera”. Pulcinella mangia la poesia di Bebi e con essa la sua voce, e per riaverle la bambina dovrà affrontare il suo incubo più spaventoso e rinascere (come Athena da Zeus) da quel padre. Il santo ci mette la mano e Teresina, che nessun uomo anima, acquista una nuova, vera vita con tanto di braccia. Ma il dolore del mondo è troppo grande e infine la sua unica azione è la rinuncia (la morte?): ella abbandona per sempre Pulcinella e diventa lei stessa santa. Rimangono solo lui e la Morte, ancora una volta, si cercano e si bastonano. Pulcinella, simbolo della vita e della sopravvivenza è attratto dalla Morte ma contemporaneamente la disprezza e la teme. Il racconto è dapprima scandito da trovate comiche e “burattinesche”, la teca con la mano di San Gennaro e la voce di Bebi, il saggio di danza e musica, mentre nella seconda parte diventa scivoloso, sempre più onirico e diretto al cuore e all'inconscio, più che alla testa. I personaggi e i loro ruoli archetipici, fanno sì che uno spettacolo di questa complessità costruisca continuamente nuovi significati sulla tradizione del teatro di burattini in cui ognuno può trovare molte letture. Contemporaneamente la fissità di certi schemi è l'impalcatura su cui gli autori costruiscono la loro alternativa.
La Morte, bellissimo burattino di Brina Babini
La strada tracciata da questi artisti può essere una nuova via per ridare ai burattini il posto che meritano nel teatro contemporaneo, un ruolo estremamente serio e artisticamente importante. La scrittura di Brunello e Molnar è sorprendente, mai banale, ricca. L'animazione di Ronga è talmente perfetta che non si dubita per un istante della vita dei burattini, e il complesso della messinscena e del testo sono di livello tanto alto che anche la voce registrata della narratrice non è un disturbo e non stona nella vitalità dello spettacolo. Un esempio di come si possa trarre nuova vita ed ispirazione dalla tradizione e di come i burattini siano ancora in grado di raccontare la società e la vita.