I burattini sono come i gatti, hanno
nove, dieci, forse duecento vite. Quando ormai li dai per spacciati
ti sorprendono, ti dimostrano di essere vivi e capaci di bellezza e
splendore. Così capita con “Circumvesuviana-Sante Reliquie
Urbane”.
Abili artefici di questo nuovo miracolo
sono Gigio Brunello, Gyula Molnar, Luca Ronga e Brina Babini, che
portano in scena Balanzone, Pulcinella, Teresina, la Morte e la
piccola figlia Bebi -narratrice della vicenda. Burattini della
tradizione emiliana e soprattutto delle guarattelle, che mantengono
nello spettacolo i loro ruoli e ne assumono di nuovi o meglio mettono
in primo piano caratteristiche che erano sempre state presenti ma
forse nessuno aveva mai esaltato.
Così la Morte è anche una donna,
abbandonata dall'amante (Pulcinella), che cresce da sola la figlia
avuta da questo amore, mentre Teresina è consapevole di sé come mai
prima, dei limiti impostigli dalla tradizione che l'ha voluta con un
bastone al posto dello spazio per la mano dell'animatore e le braccia
inerti, impossibilitata a una qualunque azione che non sia ballare.
Queste due figure che sembrano rappresentare la visione classica
della donna nella società italiana (la puttana e la santa, colei che
troppo ha vissuto e colei che -prigioniera della morale- nulla ha
visto) sono entrambe vittime del “mezzo uomo” di cui sono
innamorate, Pulcinella. E' lui a rappresentare il lato negativo degli
uomini: fedifrago, egoista, violento. La piccola Bebi lo teme, lo
chiama “testa nera”. Pulcinella mangia la poesia di Bebi e con
essa la sua voce, e per riaverle la bambina dovrà affrontare il suo
incubo più spaventoso e rinascere (come Athena da Zeus) da quel
padre. Il santo ci mette la mano e Teresina, che nessun uomo
anima, acquista una nuova, vera vita con tanto di braccia. Ma il
dolore del mondo è troppo grande e infine la sua unica azione è la
rinuncia (la morte?): ella abbandona per sempre Pulcinella e diventa
lei stessa santa. Rimangono solo lui e la Morte, ancora una volta, si
cercano e si bastonano. Pulcinella, simbolo della vita e della
sopravvivenza è attratto dalla Morte ma contemporaneamente la
disprezza e la teme. Il racconto è dapprima scandito da trovate
comiche e “burattinesche”, la teca con la mano di San Gennaro e
la voce di Bebi, il saggio di danza e musica, mentre nella seconda
parte diventa scivoloso, sempre più onirico e diretto al cuore e
all'inconscio, più che alla testa. I personaggi e i loro ruoli
archetipici, fanno sì che uno spettacolo di questa complessità
costruisca continuamente nuovi significati sulla tradizione del
teatro di burattini in cui ognuno può trovare molte letture.
Contemporaneamente la fissità di certi schemi è l'impalcatura su
cui gli autori costruiscono la loro alternativa.
La Morte, bellissimo burattino di Brina Babini |
La strada tracciata da questi artisti
può essere una nuova via per ridare ai burattini il posto che
meritano nel teatro contemporaneo, un ruolo estremamente serio e
artisticamente importante. La scrittura di Brunello e Molnar è
sorprendente, mai banale, ricca. L'animazione di Ronga è talmente
perfetta che non si dubita per un istante della vita dei burattini, e
il complesso della messinscena e del testo sono di livello tanto alto
che anche la voce registrata della narratrice non è un
disturbo e non stona nella vitalità dello spettacolo. Un esempio di
come si possa trarre nuova vita ed ispirazione dalla tradizione e di
come i burattini siano ancora in grado di raccontare la società e la
vita.