sabato 25 maggio 2013

"Antigone" Nicole Beutler e Ulrike Quaid Company- IF Festival Milano

Da qualche anno il teatro di figura incontra sempre più spesso la danza. Il brasiliano Duda Paiva (che lo scorso anno avevamo visto in “Bastard!”) è forse colui che ha reso più celebre e meglio ha interpretato il legame tra queste due arti le quali sembrano, più di altre, affini. Il pupazzo, l'ombra, il burattino sono corpi (o riflessi di corpi) altri, nuovi, che possono fare ciò che neanche un danzatore allenato e flessibile può fare. Gli oggetti aggiungono magia e proiettano il danzatore in dimensioni fantastiche, si stirano, si restringono, si accartocciano, perdono pezzi e tornano sempre insieme. Ma hanno bisogno dell'intervento di un animatore che gli dia vita, ritmo, musica.
Lo spettacolo “Antigone” della Nicole Beutler e Ulrike Quaid Company presentato a Milano fonde la tragedia classica, la danza contemporanea e il bunraku in una rilettura asciutta e moderna di una storia che -come tutti i classici greci- è archetipo delle vicende umane e quindi sempre valida.
Lo spazio è nero, senza scenografia, in esso si muovono tre danzatori/animatori insieme a tre pupazzi bunraku. Questi ultimi rappresentano Antigone, sua sorella Ismene e il fratello Polinice. Tutti gli altri personaggi, il coro, re Creonte, suo figlio Emone e il cadavere di Polinice sono interpretati dagli animatori, i quali rappresentano anche un' identità astratta -identificabile con gli dei- che domina (anima) i pupazzi, e controlla le loro azioni.

La danza esprime su un piano astratto le emozioni e i sentimenti, mentre gli avvenimenti sono agiti dai burattini. In questo scollamento sta forse il punto debole dello spettacolo, in cui non c'è una reale fusione dei due medium espressivi. Infatti a parte poche scene -come ad esempio la lunga sequenza d'apertura con la morte di Polinice- l'utilizzo dei pur bellissimi bunraku non appare funzionale alla narrazione. I pupazzi vengono usati come esseri umani in miniatura e si muovono insieme e allo stesso livello spaziale dei danzatori. Non viene sfruttata proprio la caratteristica fantasmagorica di questi corpi che tutto possono, tranne essere come gli uomini. Gli animatori danno perfino voce ai singhiozzi e ai bisbigli quando non ce ne sarebbe alcun bisogno, perchè l'azione è sufficiente alla rappresentazione. Ci si chiede il perchè della scelta di un pupazzo che fa della lentezza e di un movimento estremamente studiato e “rituale” il suo mezzo espressivo primario in una produzione di danza contemporanea, in cui lo spazio è molto più ampio e libero, i ritmi convulsi. Al posto dei bunraku forse si sarebbero potuti usare pupazzi più grandi, liberi da questa ritualità e più adatti ad assecondare la coreografia. Peccato, perche parti danzate sono davvero molto belle e si abbinano bene alle musiche. I costumi invece lasciano un pò a desiderare: i danzatori (ad eccezione dell'animatrice di Antigone) sembrano venuti in teatro con i loro vestiti di tutti i giorni che non si adattano all'animazione anche se sono perfettamente accettabili nella danza. Si tratta di un piccolo particolare che rivela come in questa produzione la fusione delle due forme teatrali sia purtroppo incompiuta. Ultimo appunto, purtroppo negativo: la coda dello spettacolo che vede Ismene filosofeggiare col pubblico mentre si fuma una sigaretta, un intervento a mio parere inutile e didascalico.  

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