mercoledì 12 agosto 2009

Animar 2009!

















Animar è il Festival di Teatro d’Animazione che si tiene ormai da quattro anni in Sardegna, a Teulada. Propone soprattutto teatro di figura, nelle sue più svariate accezioni, ma non disdegna la lettura, la narrazione ed il teatro d’attore (personalmente il mio interesse va a burattini, marionette, ombre, e preferisco lasciare ad altri le performance di narrazione e recitazione pura). Essendo organizzato Is Mascareddas (nelle foto Tonino Murru e Donatella Pau, fondatori della compagnia), che ritengo una delle compagnie di teatro di figura più interessanti del paese, mi aspettavo molto. E non sono stata delusa.

In cartellone si trovavano artisti giovani e già affermati, provenienti da tutto il mondo, che hanno portato ognuno un’esperienza diversa di teatro di figura tradizionale o moderno, di narrazione e di ricerca, di riscoperta di tecniche ormai quasi dimenticate.

Ogni serata era divisa in tre parti: uno spettacolo introduttivo di circa mezz’ora, poi un’esibizione diretta ad un pubblico di famiglie ed infine una sezione dedicata a lavori particolari e innovativi.

Quella che segue è una sintesi d’impressioni suddivise per giorno.

25 Luglio

Il primissimo artista ad esibirsi è l’ungherese Mikropodium, un animatore di eccezionale abilità che utilizza piccole marionette (rese ancora più minuscole dalla stazza del loro animatore) frutto di una ricerca fatta su alcune forme di teatro tradizionale. “Stop” è un’esibizione adatta alla strada, in cui alcune piccole scene classiche (la sirena, il clown, il pesciolino etc.) acquistano nuova poesia e incantano, letteralmente.

Lo spettacolo centrale, è “Cinderella Vampirella” del Teatro Pirata di Jesi. Si tratta di una sorta di rivisitazione horror di Biancaneve (nonostante il titolo ingannatore). La protagonista Cinderella rifiuta l’eredità del padre vampiro e sogna una vita borghese con marito, figli ed una casa da pulire. Odiata dalla matrigna, fugge di casa ma al posto dei 7 nani incontra un drago. E’ uno spettacolo imponente, con la grande baracca, diversi tipi di pupazzi, belle scenografie. Un tantino esagerato. La scrittura è deboluccia, l’animazione povera, le canzoni registrate fastidiose, non si capisce perché vengano utilizzati burattini e pupazzi insieme. Uno spettacolo che funziona, ma non entusiasma. Anzi, sconvolge un po’ la protagonista, che con una canzoncina di 2 minuti cancella 40 anni di lotte femministe.

In seconda serata Mikropodium presenta un altro splendido, emozionante brano dal titolo “Con Anima” creato con una sola marionetta -un dio alle prese con la creazione- le ombre proiettate da una candela e un mucchio di sabbia. Splendido. Uno dei migliori spettacoli della rassegna. Capita veramente di rado d’imbattersi in qualcosa di tanto raffinato, in grado di commuovere gli spettatori.

26 Luglio

Il dottore innamorato” de I burattini della commedia di Moreno Pigoni, Balanzone, Sandrone e Fagiolino è lo spettacolo centrale della serata: una commedia classica per burattini con i personaggi della tradizione. Che dire, ho come l’impressione di trovarmi di fronte a un fossile vivente: sempre gli stessi meccanismi, le stesse battute (freddure, giochi di parole…), storie dagli schemi triti e ritriti che si affidano unicamente alla bravura ed alla capacità d’improvvisazione del burattinaio. Che non può sbagliare. Qualche personaggio è davvero divertente e il pubblico gradisce, d’accordo, ma quanto può sopravvivere ancora questo tipo di esibizione, fatto a questo modo? Possibile che siano tutte qui le possibilità di questi gloriosi personaggi?

In seconda serata debutto sardo per la compagnia Manintasca, rivelazione del Festival di Sorrivoli dello scorso anno. Infatti ripropongono “Favola Raminga”, in cui burattino, narrazione e musica si fondono. L’ impianto teatrale è minimo, un paio di bauli, un burattino di cartapesta e le note di un sassofono. Eppure il pubblico è conquistato da questa storia così semplice. Non è necessario avere grandi baracche e regole imprescindibili. Certo, c’è spazio per raffinare ulteriormente la resa finale, perfezionando magari l’animazione del burattino e alcuni movimenti di scena.

28 Luglio

Finalmente vediamo “Circus Gockelini” di Fundus Theatre, da Dresda. Un simpatico circo di marionette in cui tutti gli artisti sono animali, la volpe equilibrista, il coniglio acrobata eccetera. Anche lo stesso Gockelini è una specie di gufo. Un’esibizione un po’ schematica e fin troppo classica, che però il pubblico dimostra di gradire, soprattutto la danzatrice del ventre riscuote molti applausi.

Piatto forte e prelibato della serata, “Santi e Briganti”, della compagnia Alberto De Bastiani. Da anni De Bastiani propone spettacoli legati alla tradizione (i personaggi sono spesso quelli della Commedia dell’Arte), dotati di ottimi copioni e talvolta portatori di elementi di grande innovazione. E’ il caso a mio parere anche di questo lavoro, in cui protagonisti della storia sono Arlecchino, Fraccanappa, aspiranti briganti. La baracca relativamente piccola, con una scenografia scarna, i pochi burattini e la musica dal vivo di un fisarmonicista sono più che sufficienti per creare uno spettacolo divertente e raffinato. Ecco dove volevamo arrivare criticando Pigoni: le vie nuove, le possibilità di novità ci sono, basta cercarle. Una scrittura solida (Gigio Brunello), una capacità attoriale e un’ottima animazione possono dare un futuro radioso ai burattini a guanto.

29 Luglio

Primo spettacolo della serata è “Robinson” di Papierthéàtre, cioè il teatro di carta. Un hobby delle famiglie borghesi dell’800, col quale potevano rimettere in scena nei loro salotti le opere teatrali preferite. Questo tipo di teatro sta incontrando nuovo interesse in Francia, grazie anche all’utilizzo di testi moderni scritti appositamente. Il fondatore della compagnia, Alain Lecucq (curatore della mostra di teatrini di carta allestita in occasione del festival nella biblioteca di Teulada) racconta la storia di Robinson Crosue con umorismo ed eleganza. Un tipo di teatro affascinante, di cui sarebbe interessante conoscere le produzioni recenti.

Lo spettacolo per le famiglie viene dal Piemonte, con OltreilPonte Teatro di Torino. Il titolo è “Il Paese di Pocapaglia”, tratto da una raccolta di favole popolari di Italo Calvino. Si narrano le vicissitudini degli abitanti di Pocapaglia, noti lamentosi, che si trovano a dover fronteggiare una serie di furti di bestiame.

C’è tutto, burattini, pupazzi, musica e canzoni dal vivo. Il pubblico è coinvolto e non mancano momenti di grande divertimento. Il giovane animatore è bravo sia come burattinaio che come attore. Si tratta di un prodotto costruito (solo) per avere successo e forse è questa la sua più grande debolezza. Manca di cuore, di contenuto artistico, di poesia. Finito lo spettacolo credo che resti ben poco agli spettatori.

Sull’abilità tecnica invece, nessun dubbio.

Chiude la serata la “Notte dei racconti” a cui partecipano Donatella Pau con “Le storie di Leo” e Ferruccio Filippazzi con una lettura “Amore mio infinito”.

La prima è una lettura animata di alcune fiabe scritte da Leonardo da Vinci utilizzando pupazzi e piccoli burattini. Divertente e raffinata, con l’accompagnamento musicale dal vivo. Le piccole storie di Leonardo ricordano quelle di Esopo, forse con una punta di crudeltà in più.

Filippazzi legge invece la storia di un amore estivo: due bambini in vacanza al mare innamorati della stessa bambina.

30 Luglio

E’ la serata del Teatro Golendrino, con “JoJo Golendrini, episode 1 Le saut de la Mort”: circa 20 minuti di marionette ispirate al personaggio di un cartone animato, una formica dalle attitudini circensi che si lancia da un’alta (per lui) valigia per tuffarsi in un secchiello d’acqua. Ottima tecnica marionettistica, una scena piccola ma curatissima, trovate molto “fumettose”; il giovane Cristof ha un rispetto dei tempi segnati dalla musica praticamente perfetto. E conquista il pubblico, che ogni sera (sarà presente per ben 4 giorni in totale) si moltiplica e torna a rivederlo. Un esempio di come si può evolvere il teatro di marionette, tuttora intrappolato nella sua maledizione, la pura, perfetta imitazione della realtà.

E’ poi la volta di “Areste Paganos e i giganti” di Ismascareddas, un fuori programma dovuto al ritiro di una compagnia di Cervia. In baracca c’è Tonino Murru. La prima avventura di Areste Paganos, personaggio creato dalla compagnia, banditore di un piccolo villaggio sardo alle prese con dei cattivissimi ladri è già molto raffinata e mostra i segni dell’evoluzione che porterà ad “Areste Paganos e la farina del diavolo” ed “Areste Paganos e lo strano caso di Trastullas”. I personaggi, le scenografie e le situazioni sono sardi al 100%; uno sguardo ironico sull’isola e sulle sue “leggende”, un modo di prendere in giro i luoghi comuni sulla Sardegna. Tra le scene più divertenti quella della corrida e quella del furto di bestiame. Murru è un ottimo animatore e passa con estrema disinvoltura da un personaggio all’altro.

Ultimo spettacolo della serata “L’uomo che viveva nell’armadio” di Gianluca Di Matteo. Con una tecnica classica delle ombre realizzate con le mani (non tra le mie preferite), Di Matteo racconta una storia d’amore tratta da un canovaccio dell’800. Costruito con molta cura, veramente raffinato, pur non entusiasmandomi (la trama è davvero esile) è ammirabile per la tecnica (veramente difficile), l’atmosfera e la scenografia, molto bella.

31 Luglio

Ad aprire la serata il secondo atto di JoJo Golendrini, “Episode 2 Le saut de l’amour”: questa volta la formichina è alle prese con l’amore, nelle vesti di una farfalla. Forse è ancora più bello del primo episodio, divertentissimo!

Il secondo ed ultimo spettacolo di ombre previsto nel programma è “The Magic Tree” del Cenzik Ozek Shadow Theatre, un’avventura dell’eroe nazionale Turco Karagòz. L’animatore è molto bravo, il teatro delle ombre è estremamente complesso, fonde canto, recitazione e manipolazione. Purtroppo, in mancanza di una traduzione comprensibile al pubblico, solo gli appassionati rimangono completamente attenti. Un gran peccato, perché non capita spesso di poter assistere in Italia ad uno di questi artisti tradizionali.

In seconda serata un altro spettacolo “etnico”, “Le guarattelle di Pulcinella” ad opera dello stesso Gianluca Di Matteo della sera prima. Ammettiamolo,per una milanese Pulcinella e Karagòz quando parlano sono ugualmente incomprensibili, ma Di Matteo ci dà un aiutino introducendo gli avvenimenti della storia. Un po’ lungo, ma l’abilità del burattinaio è innegabile. La scena con la Morte è veramente molto bella.

1 Agosto

Lo spettacolo centrale della serata è “Mòn Non” di Toni Zafra del Teatre Tradicional De Marionettes. Cavalli, equilibristi, giocolieri, geishe, contorsioniste: un varietà circense di marionette molto classico, una vera e propria esibizione di virtuosismo, perfino esagerato quando vediamo Toni Zafra appendersi la marionetta al collo per poter animare solo determinate parti. Comunque, uno spettacolo d’alto livello che si distingue per qualche trovata (come i due uomini dentro a un costume da mucca o l’esilarante band musicale di scheletri) e un evidente, grande amore per le marionette. Si sente un po’ la mancanza di una storia, ma anche cuore e passione.

In seconda serata abbiamo seguito l’”Odissea” narrata da Ferruccio Filippazzi, che con questo testo ci ha convinto molto di più.

Contemporaneamente Gianluca Di Matteo si esibiva in un altro spettacolo di guarattelle dal titolo “85. Le anime del purgatorio” che purtroppo non abbiamo potuto seguire.

2 Agosto

Dall’ultima serata del festival è purtroppo venuta l’unica vera delusione. Dopo l’ultima replica di JoJo Golondrini ha infatti avuto inizio “Heartbeat” della Compagnia Delle Porte Girevoli. Il tema dichiarato è l’amore, i mezzi per esplorarlo includono pupazzi a mano vera, bunraku, attore e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di un collage di sketches con sottofondo musicale: animali o maschere grottesche mimano il labiale delle canzoni, scenette inquietanti, balletti, ed è evidente la derivazione dai varietà di Philip Genty. Purtroppo manca la classe per eguagliarlo. I simbolismi (la farfalla, la piuma) sono gratuiti nonché inutili e la musica diventa man mano più assordante e fastidiosa. La parte più irritante viene con un brano di Puccini, sul quale una marionetta bunraku -sì, una di quelle che necessitano di tre animatori e decenni di esercizio per essere animate decentemente- viene sbandierata da un solo animatore per pochi istanti facendo appena un movimento (china la testa da un lato, poi dall’altro) e poi portata via. Si ha l’impressione di assistere ad un’interminabile sfilata di immagini appiccicate l’una all’altra senza una vera idea alla base, senza la voglia di comunicare alcunché.

Se avessi visto questo spettacolo a Rimini non avrei avuto niente da ridire, ma a conclusione di una rassegna così curata ci stava veramente male, anche se comprendo le motivazioni che hanno spinto ad una scelta del genere.

Nonostante questa scivolata, “Animar” è una rassegna che mantiene un buon equilibrio tra lo spettacolo più adatto alle famiglie e quello diretto soprattutto ad un pubblico di soli adulti. Spero veramente che questa linea continui, spero che si possa soprattutto proporre teatro di figura di ricerca, di cui tanto si sente bisogno in Italia, dove (differentemente da tutto il resto del mondo) i burattini e le marionette sono ancora considerati a quasi totale appannaggio di un pubblico infantile. All’estero non è così (forse grazie anche a finanziamenti statali impensabili da noi, anche se non si può sempre prendere la scusa dei soldi)e i teatranti creano soprattutto pensando alla bellezza, più che alla vendibilità.

Eppure i talenti per l’evoluzione ci sono anche qui. Sarebbe fantastico se la rivoluzione partisse dalla Sardegna.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sembra una figata!

Anonimo ha detto...

ciao lisa sono moreno pigoni e leggo solo ora dopo 2 mesi le tue valutazioni sul mio spettacolo. Premetto che su valutazioni personali non mi metto a disquisire perchè ognuno ha le sue idee. Apprezzo invece le tue parole, franche e oneste. In tal senso ti dico che mi hanno toccato, nel senso 'touché' sic